I commissari dell’esame di abilitazione per psicologi non sono tutti docenti universitari, come spesso si pensa.
Composizione delle commissioni
Le commissioni sono composte in parte da docenti, ma non per forza tutti interni a una facoltà, bensì anche esterni, della stessa città o di altre città.
Poi in commissione vi sono anche professionisti presi dall’albo e che possiedono determinati requisiti, tra cui aver fatto da tutor ai tirocini per almeno 10 anni.
Questi professionisti spesso non hanno nulla a che fare con le università, non hanno nessuna docenza e possono lavorare sia in ambito pubblico che privato.
Non tutti i commissari poi sono per forza psicologi clinici o psicoterapeuti: possono essere psicologi del lavoro, dell’età evolutiva, ricercatori, ecc.
Quindi non è detto che debbano avere un orientamento e quindi essere psicodinamici, sistemici, ecc.
Anche quando sono anche psicoterapeuti, è difficile che tutti abbiano lo stesso orientamento e in ogni caso il proprio orientamento non è un criterio di promozione o bocciatura.
A volte i commissari, specie se di una certa età, non sono neanche psicologi, ma sono laureati in Pedagogia, Filosofia, Sociologia, ecc, che poi sono stati “sanati” nell’89 con l’istituzione dell’Albo e quindi entrati a far parte dell’Albo Psicologi pur non avendo la laurea in Psicologia.
Anche questi non è detto dunque che debbano avere per forza un orientamento.
Tra l’altro, filtrare tutto attraverso un orientamento, che richiederebbe almeno altri 4 anni di scuola di psicoterapia per essere pienamente compreso (non è oggetto dell’università insegnarlo), è pericoloso, perché può essere interpretato, da molti commissari, come indice di confusione tra psicologo e psicoterapeuta.
Non è il massimo commettere questo errore all’esame di abilitazione (che non è un esame di psicoterapia).
Non sopravvalutare i commissari
E’ vero, uno ha paura, perché hanno in mano in quel momento la “vita” formativa dei candidati e possono gestirla a piacimento, a volte non senza un tocco di sadismo dovuto all’Effetto Lucifero.
Però, non sopravvalutare la loro sapienza, non sono tuttologi, non sanno tutte quelle cose cavillose che spesso si cerca di memorizzare
In più, nella maggioranza dei casi, sono estranei a gruppi, corsi e a tutto il bailamme intorno all’esame di abilitazione per psicologi.
Neanche immaginano tutte quelle domande talvolta davvero ossessive che molti studenti si fanno, questioni cavillose intorno a cui impazziscono.
Non arriverebbero neanche a concepire tutto questo movimento e tutte le cose che vengono dette su come si “dovrebbe” fare l’esame per compiacerli.
Lo studente vive l’esame di abilitazione per psicologi come una tragedia, ma per il commissario spesso è una scocciatura.
Lui ha talmente tante cose da fare, ben più prestigiose, che correggere i compiti e tenersi occupato in quei giorni per l’esame di abilitazione per psicologi, può essere solo una grande rottura.
O al massimo una noiosa routine, un po’ come assistere alle sedute di laurea, che invece da studenti e famiglie sono vissute come grande evento.
Ma abbiamo visto in ogni sessione che al quarto laureando orgoglioso, già i commissari davano segni di distrazione, disinteresse e noia.
Infine, i commissari spesso buttano là le tracce, anche riciclando scalette degli anni scorsi, fatte da altre commissioni, e non per forza hanno un’idea precisa di come dovrebbe essere fatto quel compito.
Ovvio, ognuno ha le sue fisse, ma le tracce vengono buttate là in modo vago, non sempre con lo stesso puntiglio con cui vengono analizzate dagli studenti parola per parola nei gruppi, con un lavoro interpretativo spesso degno della più sacra tradizione esegetica.
Nel 99% dei casi, i commissari non si fanno tutte le paranoie comprensibili che ci si fa mentre si studia.
La paura dei commissari
Hai presente quel famoso proverbio? “Quando punti il dito verso la luna, alcuni guardano la luna, alcuni guardano il dito, alcuni guardano la direzione”. È un po’ quello che avviene quando un prof corregge il tuo compito d’esame.
Di fronte al suo compito, c’è chi guarderà l’insieme, chi si attaccherà al cavillo, chi coglierà l’unicità del tuo contributo.
Lo stesso accade quando lavorerai come psicologo (ma anche ora che fai un altro lavoro): c’è chi ti attaccherà per il cavillo, chi guarderà il tuo lavoro nel suo complesso, chi riconoscerà la tua unicità.
Succede così al ristoratore, anche eccellente, tipo Cracco, che con tanta maestrìa prepara le sue prelibatezze: alcuni avventori lo apprezzano per una cosa, altri per un’altra, altri lo criticano per qualche motivo.
Ci sono studenti superpreparati, che fanno compiti incredibili, che forse neanche i prof saprebbero uguagliare, eppure vengono bocciati, perché il prof che ha corretto il compito, non ha guardato il compito, ma è andato in cerca del cavillo (e si può sempre trovare).
Ci sono studenti con una preparazione pessima, raffazzonata in 3 giorni prima dell’esame, tirando giù da internet qualche tema già svolto, magari anche errato.
Eppure passano, e magari con un voto altissimo: chi ha corretto ha colto l’insieme, non si è fatto tante paranoie, non ha badato al capello, magari ha solo buttato un occhio e a lui andava bene così in quel momento.
Poi ci sono compitoni eccellenti, che passano l’esame, ma con voto molto basso, ben al di sotto di quanto meriterebbero.
E compiti mediocri che ricevono voti alti (ma va bene!) e magari in virtù di questo, gli studenti per aiutare gli amici dicono quello che hanno fatto.
Si può pensare che, se hanno fatto così e cosà, e hanno ricevuto quel votone, vuol dire che fare così e cosà è una cosa buona e funziona! Per cui nascono tanti equivoci e disorientamenti comprensibili.
Capisco, ci sono passata anche io e in fondo ci passo inevitabilmente tutti i giorni, come tutti.
Fai del tuo meglio, ora e dopo, nella consapevolezza che non esiste la perfezione, che qualcuno saprà riconoscere il tuo impegno e il tuo valore anche a fronte di inevitabili difetti, altri invece guarderanno la pagliuzza, ignorando tutto il resto e criticando in modo aggressivo.
Chissà quante diverse percezioni può generare uno stesso compito, lo stesso lavoro, la stessa parola.
Tutto l’impegno del mondo non eliminerà il rischio, e tutto l’impegno del mondo non garantirà il successo, per cui…mettici comunque tutto l’impegno del mondo.
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