La scoperta dell’inconscio segna la nascita della psicoanalisi e comporta una rivoluzione nella struttura della psiche: prima di Freud, la psiche di identificava nella coscienza, cioè nella mente razionale, lineare, “cartesiana”. I processi mentali erano considerati logici, lineari e sequenziali.
Secondo Freud, ciò rappresenta soltanto il vertice visibile di un iceberg in gran parte sommerso, di una dimensione ignota e dotata di principi propri, l’inconscio.
Tra la coscienza e l’inconscio vi è una zona grigia, il preconscio. Coscienza, conscio e inconscio sono i tre elementi del primo modello di psiche delineato da Freud, definito prima “Topica”, in quanto rappresenta un modello spaziale, che distribuisce i contenuti mentali in tre diverse zone, come nella raffigurazione sottostante:
Questa struttura spaziale della psiche è descritta da Freud nel 7° Capitolo dell’Interpretazione dei sogni: qui il conscio è definito come lo spazio mentale che contiene i pensieri e i sentimenti accessibili al soggetto e facilmente verbalizzabili.
Il preconscio è uno spazio intermedio, in cui di svolgono processi provvisoriamente inconsci, ma che possono risalire ad un livello cosciente grazie ad uno sforzo di attenzione: ad esempio la respirazione, non è cosciente, ma può facilmente diventarlo se ci concentriamo su di essa.
Infine l’inconscio è uno spazio ampio, che racchiude esperienze, pensieri e sentimenti stabilmente inaccessibili alla coscienza oppure respinti in quanto traumatici e dolorosi.
L’inconscio ospita dunque i traumi rimossi, cioè sospinti sotto la soglia di consapevolezza, per evitare che la sofferenza collegata ad essi possa continuare a turbare il presente.
Affinché i contenuti rimossi possano salire alla coscienza, non è sufficiente uno sforzo attentivo, ma sono necessarie tecniche che indeboliscano le resistenze.
Storicamente, i due metodi utilizzati da Freud per raggiungere questo scopo sono stati dapprima l’ipnosi e successivamente le associazioni libere.
L’ipnosi consisteva, come già in Charcot e Breuer, nel suggestionare i pazienti che presentavano sintomi isterici, cioè “somatizzazioni” di esperienze traumatiche vissute nell’infanzia e rimosse nell’inconscio.
Poiché un paziente entrava in uno stato di “trance”, risultava più facile risalire al trauma in quanto le difese, con cui il trauma era stato rimosso, risultavano abbassate.
Tuttavia, spesso, le esperienze riferite dai pazienti sotto ipnosi non risultavano veritiere e realmente accadute, ma erano il frutto delle fantasie incestuose dei pazienti stessi.
Freud decise dunque di abbandonare questo metodo, nonostante svolgesse una funzione “catartica”, cioè di liberazione emotiva a cui seguiva una remissione di sintomi.
Egli optò per un nuovo metodo, quello delle “associazioni libere”: esso non forzava il paziente, anzi lo rilassava e consisteva nel lasciare che lui si abbandonasse al flusso dei pensieri spontaneamente collegati ad una parola-stimolo pronunciata dal terapeuta, ad esempio “bianco>sposa”.
È attraverso le catene associative liberamente prodotte dal paziente che si poteva risalire all’origine del trauma.
Negli anni Venti, Freud elaborò una nuova truttura della psiche, non spaziale, ma dinamica.
Egli suddivideva la psiche in tre istanze: l’Es, l’Io, e il Super-io. L’aggettivo “dinamico” si riferisce al conflitto tra le tre istanze, che conferisce movimento alla psiche.
Es, in tedesco, è il pronome neutro di terza persona singolare, corrispondente all’id in latino. Nel modello dinamico, rappresenta il “polo pulsionale” dell’uomo: racchiude gli impulsi, soprattutto aggressivi e sessuali, che obbediscono al “principio del piacere”, cioè cercano una scarica immediata. Freud definisce l’Es “un calderone di impulsi ribollenti”.
Il Super-io consiste nell’insieme regole morali e sociali interiorizzate nell’infanzia e che tendono a porre un freno e a regolamentare l’espressione dei desideri e degli impulsi provenienti dall’Es, talvolta inibendo completamente la loro soddisfazione.
Infine l’Io è un mediatore fra l’Es e il Super-io: si sforza di conciliare bisogni provenienti da queste due istanze servendosi del “principio di realtà”, cioè della valutazione realistica delle situazioni e della capacità di procrastinare l’appagamento del desiderio.
L’Io, infatti, fornisce parziali appagamenti all’Es, ma senza violare gli imperativi e le proibizioni provenienti dal Super-io.
Questa seconda topica delinea una fisionomia composita e conflittuale della psiche, superando la concezione unitaria, logica e cartesiana.
L’Io, il Super-io e l’Es non corrispondono completamente al conscio, inconscio e preconscio della prima topica, in quanto tutte e tre le istanze della seconda topica possono avere contenuti sia consci, sia inconsci, sia preconosci.
Per poter salire all’inconscio, Freud indica ora una “via maestra”, costituita dal sogno, che definiva come “l’appagamento camuffato di un desiderio rimosso”: quando il soggetto ha un desiderio irrealizzabile sul piano reale, cerca una soddisfazione sul piano onirico. I sogni risultano quindi da un tentativo di soddisfare desideri e pulsioni in sconce.
Tuttavia l’espressione di questi desideri risulta talvolta irriconoscibile nel sogno, in quanto sottoposti alla censura del Super-Io, operante anche di notte, benché in misura notevolmente minore.
Nel sogno si distinguono, quindi, un contenuto manifesto, rappresentato dalla scena onirica, e un contenuto latente, costituito da desideri che danno luogo ad essa. Il contenuto manifesto deriva da una trasformazione dei desideri inconsci attraverso il cosiddetto “lavoro onirico”.
Per interpretare psicoanaliticamente il sogno, occorre ripercorrere a ritroso il processo di trasformazione del contento latente in quello manifesto, servendosi degli stessi principi che presiedono a questa traslazione (condensazione, spostamento, ecc.).
Tuttavia anche al di fuori di una seduta psicoanalitica, nella vita quotidiana, è possibile rinvenire tracce dell’inconscio: desideri, emozioni e pensieri repressi finiscono per manifestarsi, indirettamente, anche nei lapsus, nelle sbadataggini.
Freud compila un campionario di queste piccole azioni quotidiane apparentemente casuali, ma discretamente diagnostiche.
Egli distingue tra dimenticanze di nomi propri, di parole o di frasi, lapsus linguae, lapsus di scrittura e di lettura, atti mancati, errori, sbadataggini.
Questi microfenomeni risultano infatti da un compromesso fra un’intenzione cosciente e le pulsioni inconsce.
Un esempio di lapsus citato da Freud in Psicopatologia della vita quotidiana è quello di un bambino che, indeciso se scegliere i cioccolatini o i giocattoli, disse «Voglio i cioccolattoli».
Freud in questo è determinista: ritiene che ogni gesto, anche più casuale, riveli un pensiero, un’intenzione, un proponimento che la persona vorrebbe tenere celato, ma che involontariamente finisce per svelare.
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