C’è differenza tra didattica individualizzata e personalizzata
Nei testi legislativi e didattici, spesso i termini personalizzazione e individualizzazione vengono utilizzati in modo intercambiabile e talvolta contraddittorio, anche a causa dei numerosi significati che diversi autori hanno attribuito ad essi.
La didattica individualizzata
Sostanzialmente, come indicato da Baldacci (2005), l’individualizzazione riguarda l’insegnamento, in quanto richiede al docente di diversificare le modalità con cui svolge il suo ruolo, tenendo conto delle modalità sensoriali, dello stile cognitivo e della propensione di ciascuno studente verso il lavoro individuale o di gruppo.
“Individualizzare” la didattica richiede al docente di non limitarsi a esporre sempre una lezione, altrimenti si sintonizzerebbe soltanto con gli studenti uditivi, dotati di uno stile analitico, propensi per un lavoro individuale, penalizzando gli studenti visivi, dotati di uno stile sintetico o propensi al lavoro di gruppo, che difficilmente riuscirebbero a raggiungere una buona prestazione cognitiva.
Il docente deve quindi variare le modalità di esposizione, includendo anche stimoli visivi e prevedendo anche lavori di gruppo, sia per sintonizzarsi anche con studenti con queste caratteristiche, sia per evitare che studenti uditivi, analitici e propensi al lavoro individuale si irrigidiscano e non sviluppino la flessibilità necessaria a operare anche in contesti diversi.
La didattica personalizzata
La personalizzazione della didattica, invece, riguarda l’apprendimento, in quanto prevede la possibilità di formulare obiettivi specifici, per valorizzare i talenti che ciascuno possiede.
Ad esempio, se uno studente possiede un talento per la musica, la personalizzazione della didattica consente di dare spazio ad esso, attraverso approfondimenti e compiti personali, con cui sviluppare tale potenzialità.
Studiando la lirica greca, cioè gli antichi testi poetici, che venivano cantati e musicati, uno studente che suona uno strumento, potrà compiere approfondimenti sugli strumenti utilizzati dai lirici oppure ricostruire o ipotizzare una colonna sonora adatta agli antichi testi, mentre uno studente con un’attitudine per la poesia, potrà soffermarsi sugli schemi metrici degli stessi testi.
Da leggere: elenco di 25 metodologie didattiche (con manuale)
Fonti legislative della didattica individualizzata
L’individualizzazione della didattica è sancita da diversi testi legislativi.
In particolare, il 27 Dicembre 2012 è stata emanata una Direttiva Ministeriale (DM), recante “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”.
Questa Direttiva Ministeriale ha introdotto il costrutto di “Bisogni Educativi Speciali” (BES), innovando il modello tradizionale di integrazione scolastica basato sulla certificazione della disabilità ed estendendo il diritto a metodologie e a obiettivi di apprendimento individualizzati anche agli alunni non certificati come diversamente abili, ma che si trovino in difficoltà.
Successivamente, è stata emanata anche la Circolare Ministeriale n. 8 del 6 Marzo 2013, recante “Indicazioni operative” per l’attuazione della precedente Direttiva Ministeriale del 27 Dicembre 2012.
In tale Direttiva Ministeriale, le difficoltà che possono contribuire all’insorgere di BES e che quindi richiedono un’individualizzazione dell’apprendimento comprendono le situazioni di “svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici e difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse”.
Fonti legislative della didattica personalizzata
La personalizzazione della didattica è ribadita in più articoli della Legge 53/2003, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale, definita anche Riforma Moratti.
Infatti, all’art. 1, la delega al governo per l’attuazione della legge è affidata “Al fine di favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno”, mentre all’art. 2 si sancisce la promozione dell’apprendimento “in tutto l’arco della vita e sono assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali”.
Il diritto di questi ultimi all’individualizzazione della didattica era stato già sancito dall’apposita Legge 170/2010, recante “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico”, seguita l’anno successivo dal Decreto Ministeriale, protocollo n° 5669, recante il “Regolamento applicativo della L. 170/10 sui diritti degli alunni con disturbi specifici di apprendimento (DSA)”, con le linee-guida rivolte ai docenti e ai dirigenti scolastici e il divieto di assegnazione di docenti per il sostegno agli alunni certificati con DSA, a meno che, oltre alla diagnosi di DSA, non possiedano anche la certificazione di disabilità ai sensi della L. 104/92.
La didattiva personalizzata per i DSA
Nei casi di DSA è obbligatoria la stesura dell’elenco degli strumenti e delle strategie per l’individualizzazione dell’apprendimento, all’interno di un apposito documento che tuttavia, paradossalmente, è denominano “Piano Didattico Personalizzato” (PDP).
Infatti, gli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento possono richiedere ulteriori ausili, ad esempio computer per scrivere, in caso di disgrafia o calcolatrici in caso di discalculìa.
Anche questi ausili rientrano nell’individualizzazione dell’apprendimento, dunque la loro adozione non è una “concessione” del docente, ma il riconoscimento di un diritto, al pari degli occhiali per studenti miopi o delle fiale di insulina per studenti diabetici.
Non si tratta di agevolazioni, ma di attivazione delle risorse specifiche di cui ciascuno studente necessita per raggiungere gli obiettivi di apprendimento, che sono comuni a tutti.
Lo stesso PDP è facoltativo in caso di BES, ma anche in assenza di una sua formalizzazione, i docenti sono tenuti a tenere in considerazioni i bisogni educativi speciali dello studente e ad attivare anche per loro l’individualizzazione della didattica, per consentire a ciascuno studenti di raggiungere gli stessi obiettivi, ma attraverso percorsi diversi.
Tuttavia, gli strumenti possono non bastare a garantire l’inclusione, benché facilitino l’apprendimento, perché si collocano entro una prospettiva individualista, non intervenendo sugli aspetti emotivi e sociali dell’esperienza scolastica.
Da leggere: 4 piani dell’inclusione scolastica
Dunque, benché essi aiutino ad acquisire le conoscenze, non sono sufficienti per acquisire le competenze sociali, incluse tra le competenze chiave europee. Per questo, per l’inclusione, è importante che gli strumenti ausiliari siano inseriti entro una metodologia più ampia, quale può essere l’apprendimento cooperativo.
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