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Come teoria della comunicazione, oltre alla solita teoria degli assiomi di Palo Alto, si può proporre quella sulla comunicazione empatica ed efficace di Rogers e Gordon.


La comunicazione empatica di Rogers parla di congruenza e quella di Rogers di messaggi-io. Come si possono collegare queste tecniche al colloquio clinico?

Questa è una domanda frequente durante la preparazione di prove, concorsi ed esami di argomento psicologico.

I messaggi-io sono di Gordon, in pratica ha operazionalizzato i concetti di Rogers, li ha tradotti proprio in strategie di comunicazione molto concrete.

I messaggi-io sono nati come strategie che venivano apprese nei training sulla comunicazione efficace, tra genitori e figli, tra partner, tra insegnanti e studenti, perché aiutavano a risolvere molti conflitti ed equivoci e a migliorare le relazioni.

Esempio: una madre dice al figlio “ma insomma, sei disordinato, guarda che casino la tua stanza, non posso neanche pulire, tutta roba sparsa, non sai tenerti in ordine neanche le tue cose, con tutti i sacrifici che ci costa comprartele!”.

E ciò non sortiva effetto.

Allora Gordon la aiutava a a comunicare in modo diverso, non colpevolizzando l’altro o cristallizzando alcune caratteristiche, come avviene quando si dice: “SEI disordinato…”

Perché così è come ridurre l’identità dell’altro a questa caratteristica statica.

In alternativa, si può usare il messaggio-io: “quando lasci in disordine la stanza, io mi sento… ecc”.

Ovviamente non è un’applicazione così meccanica ma sempre flessibile.

Oppure tra partner: “sei inaffidabile ti ho detto di passare alle 3 e sono le 3 e mezza, non capisci mai!”.

Con ilmessaggio-io, verrebbe: “quando fai ritardo, io…ecc.”

Nel sostegno, lo psico può ricevere persone (genitori, partner, ecc.) che comunicano così con i loro figli, partner, ecc.

Allo psicologo possono esporre il problema del figlio o del partner, ma in realtà quel problema non è NEL figlio o NEL partner, ma nella relazione.

E quel problema è alimentato da modalità di comunicazione inefficaci, che vanno esplorate: quando tuo figlio fa così, cosa gli dici? cosa ti risponde? cosa ti da fastidio in particolare di quel comportamento, come ti senti quando lo fa, cosa invece preferisci, ecc?

Da lì si aiuta la persona a inquadrare diversamente il problema, da “colpa” presente in qualcuno considerato manchevole, da “aggiustare”, a problema relazionale.

Si riflette sulle proprie modalità di comunicazione, su come alimenta il problema e si aiuta la persona ad acquisire altre modalità di comunicazione.

Ad esempio, con i messaggi-io, per migliorare il proprio modo di relazionarsi con l’altro, non per “aggiustare” l’altro, sperimentando i benefici.


Questo è anche un modo di passare dalla teoria all’ambito applicativo, inserendo la modalità di comunicazione e empatica ed efficace in un’attività di abilitazione.

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Sono Stella Di Giorgio, psicologa e tutor per studenti lavoratori di Psicologia e TFA. Scrivimi a tutor@110elode.net per aiuto tesi.