Il DSM-5 riunisce tutti i disturbi esistenti?
Il DSM-5 contiene circa 300 disturbi: sono tanti, ma non sono gli unici malesseri esistenti.
O meglio, sono quelli statisticamente più frequenti nella popolazione clinica studiata dalle task-force dell’APA, cioè dai gruppi di esperti che hanno raccolto e analizzato i dati per “ricavare” i disturbi che sono confluiti poi nel DSM-5.
In più, i disturbi del DSM-5 sono anche i disturbi su cui è presente una mole consistente di dati scientifici.
Il DSM-5 non è esaustivo
Tutto questo significa che il DSM-5 è scientificamente fondato, ma che non è esaustivo.
Non racchiude tutte le modalità di espressione del disagio, ma esclude quelle che non hanno elevata frequenza statistica e quelle su cui ancora non sono state compiute abbastanza ricerche.
Ci sono quindi altre forme di malessere che possono presentarsi nel tuo studio di psicologo, quando riceverai pazienti, e non rientrano nelle categorie previste dal DSM-5.
E così nella terza prova: non è detto che il disagio del protagonista sia riconducibile a una precisa categoria.
Sono da accogliere anche quelle espressioni, anche se la comunità scientifica occidentale non gli ha ancora dato un’etichetta o non le considera “degne” di essere incluse nel “catalogo” ufficiale dei disturbi.
L’utilità dei commenti psicologici
I commenti psicologici servono anche a questo: arrivano dove i commenti categoriali si fermano, riconoscendo forme di disagio non “incasellabili”, ma esistenti.
Scrivere i “commenti psicologici” non significa solo prendere qualche teoria precotta, di quelle studiate per la prima prova, e applicarla ai dati della traccia, per far vedere che si cita un autore o che si utilizzano conoscenze psicologiche e non solo psichiatriche.
Sì, per carità, conta anche questo, lo sappiamo tutti ormai, e fin troppo bene.
Ma scrivere i “commenti psicologici” significa anche considerare i limiti del DSM o di qualsiasi altro manuale diagnostico e statistico utilizzabile, e andare oltre.
Ad esempio, interrogandosi sul significato soggettivo e non solo statistico/psichiatrico di un sintomo o di un comportamento.
Questo lo diceva già Jaspers con la “psichiatria fenomenologica”.
Le vie della sofferenza sono infinite. Non esistono solo quelle stabilite dal DSM-5 o da qualsiasi altro manuale diagnostico e statistico.
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