Quali sono i limiti del DSM in rapporto agli approcci e ai casi specifici?
I disturbi del DSM-5, così come di qualsiasi altro manuale diagnostico, sono prototipi.
Quindi, non corrispondono perfettamente alla realtà.
Nessun paziente ansioso corrisponderà mai perfettamente a quello che dice il DSM-5. Due pazienti con la stessa diagnosi non saranno mai uguali.
Non confondere il fine con il mezzo
Il DSM-5 (o altri manuali psichiatrici), così come i test o altri strumenti di valutazione, sono un mezzo, non sono un fine, per il clinico.
Il fine è descrivere e capire il funzionamento globale della persona, quindi sono i mezzi che devono adattarsi al fine, non la persona ad adattarsi ai mezzi.
Lo stesso DSM-5, all’inizio, contiene una sezione di raccomandazioni per l’uso, come quelle presenti nei farmaci: un uso rigido è controindicato.
DSM e approcci
Il DSM è a-teorico, svincolato da qualunque approccio e da qualsiasi ideologia preconcetta, basato soltanto su indicatori comportamentali osservabili.
D’altra parte, bisogna fare attenzione quando si parla di approcci.
Ad esempio, parlare di approccio psicoterapeutico, a prescindere da quale sia, per molti professori è un errore grave, perché significa che il candidato confonde e sovrappone lo psicologo con lo psicoterapeuta.
L’approccio conviene chiamarlo in causa solo se richiesto, solo dove richiesto, e solo dopo aver fatto lavorare lo psicologo.
Infatti, può essere richiesto, perché magari la traccia è formulata da commissari psicoterapeuti con una cultura più tradizionalista, che si sono formati in un periodo storico in cui lo psicologo veniva appiattito sullo psicoterapeuta e non era concepibile uno psicologo che NON fosse anche psicoterapeuta.
Il loro “bias” è rimasto e infatti in alcune tracce ancora si vede la contaminazione, ma anche quando è esplicitamente richiesto il riferimento a un approccio, andrebbe comunque evocato dopo l’intervento dello psicologo e previo invio allo psicoterapeuta.
Questo per non svalutare lo psicologo e per non irritare i commissari più “moderni”, che invece ci tengono alla chiara distinzione tra psicologo e psicoterapeuta.
In una stessa commissione possono convivere sia commissari “moderni” che commissari di cultura più “tradizionale”.
Vantaggi e svantaggi del DSM-5
I criteri del DSM-5, oltre a essere a-teorici, sono descrittivi, osservabili e quantificabili, quindi precisi e imparziali.
E questo è un punto di forza, per carità, ma anche un limite che poi richiede l’integrazione di indagini psicologiche, più qualitative e meno categoriali.
Basandosi solo su quei criteri, spesso non si coglie un disagio che si manifesta in un altro modo oppure che non risulta molto visibile e plateale.
Ad esempio, quante volte una persona si uccide oppure uccide qualcuno e i parenti, amici, vicini di casa dicono: “Non aveva dato nessun segnale, era una brava persona, nessuno avrebbe mai sospettato che fosse così depresso” oppure “…così violento”, ecc.
Ma è vero, non ce l’hanno scritto in fronte, non esistono solo i sintomi ben osservabili come fa presupporre il DSM.
Possibile obiezione: “Ma se uno è depresso si vede: è rallentato, mangia poco, dorme troppo, si isola e non gli interessa più niente…”
Invece esiste anche la depressione “ad alto funzionamento”, dove la persona è costretta a funzionare, andare a lavorare, fare la vita di tutti i giorni, per pagare l’affitto e mantenere i figli, e quant’altro.
Per cui non si può permettere neanche il “lusso” dei sintomi del DSM-5.
Dove non può arrivare il manuale, arriva lo psicologo
Gli aspetti evidenti riportati dal DSM-5 spesso sono solo apparenze rassicuranti che possono ingannare o fuorviare.
Da qui l’importanza dei commenti psicologici, che procedono oltre quello che si vede e si conta, esplorano i vissuti, danno voce a quello che c’è al di là dei comportamenti osservabili e ipotizzano anche quello che nessuno sospetterebbe.
Nella terza prova come nella pratica clinica.
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