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Il tutoring è una delle attività che si possono svolgere quando si vuole lavorare nei disturbi specifici dell’apprendimento.

E’ diversa dalle classiche “diagnosi e riabilitazione”. Scaturisce proprio dai limiti di queste 2 attività.

La diagnosi pone problemi di accettazione da parte della scuola, perché in ogni regione c’è una legge diversa, per cui non in tutte le regioni sono accettate le diagnosi dei privati.
E anche se lo sono…spesso la figura di riferimento è il neuropsichiatria.

La riabilitazione: ci sono dibattiti su quali obiettivi debba avere. Per ora, è saturata dai logopedisti, che sono spessissimo la principale figura di riferimento delle scuole, delle famiglie, delle asl.

Gli obiettivi sono spesso di tipo meccanico, di miglioramento della correttezza e velocità di lettura.

Ma non sempre viene rispetto alla comprensione, che è la cosa più importante!

Visto che la lettura è un mezzo per apprendere, non è fine a se stessa: alcuni bambini finiscono per percepirla come una “recita”.

Non è detto che migliorando correttezza e velocità, automaticamente aumenti la comprensione.

Quando lo psicologo progetta un’attività, è importante che lo faccia analizzando prima quelle che sono già offerte dal territorio e analizzando i loro limiti.

Il tutoring è proprio l’attività che li compensa.

In pratica significa ricevere il bambino e fare dei training metacognitivi, con esercizi sull’attenzione, sulla memoria, sull’apprendimento.

I training si fanno poco e spesso, ad esempio, 20 minuti, 3/4 giorni (il tutto varia in base ai bambini). Devono essere stra-specifici.

Ad esempio se si sceglie di potenziare l’attenzione, bisogna specificare se ti rivolgi all’attenzione sostenuta, all’attenzione selettiva, a quella focalizzata, ecc.

Ci sono vari manuali della Erickson con gli esercizi specifici da fare.

Poi passi a fare i compiti una quarantina di minuti, ma a quel punto non è un “fare i compiti” come nel doposcuola, dove le tutor finiscono per fare loro i compiti ai bambini.
Significa applicare quelle abilità metacognitive, trasversali (attenzione, memoria, ecc ecc) al compito che deve fare.

L’obiettivo non è fargli trovare i compiti “fatti”, ma renderlo autonomo nell’apprendimento.

Poiché il problema è quello, e non viene raggiunto solo con la classica logopedia (anche se dipende sempre da logopedista a logopedista: ognuna lavoro a modo suo) o con il classico doposcuola dove a volte si guida proprio il bambino, prendendogli la mano e guidandola a scrivere il riassunto (che senso ha?) così quando tornano a prenderlo i genitori sono contenti perché vedono che ha fatto il riassunto bello e scritto bene.

In realtà glielo hanno fatto loro e non ha senso, peggiora la situazione!

Tra l’altro i compiti delle elementari sono diventati davvero difficili! Quindi figuriamoci per un bambino con BES o DSA, anche se dovrebbero avere compiti diversi nel carico e nella modalità.

Quindi training metacognitivo, perché dalle ricerche è emerso che l’apprendimento dipende dalla capacità di coordinare i singoli processi cognitivi (memoria, motivazione, attenzione, ecc) flessibilmente.

Per poterli coordinare occorre

1) conoscere come funzionano in generale

2) conoscere come funzionano in se stessi (c’è il bambino che apprende di più ascoltando, quello che preferisce un altro metodo, ecc…così come gli adulti)

3) conoscere strategie di memoria di attenzione, di riconoscimento delle parole chiave nel testo.

Il training serve a questo :).

Esempio di “sessione” di aiuto compiti e di sessione di tutoring a confronto.

Aiuto compiti: “che compiti hai? Il riassunto da pagina 4 a pagina 6 di scienze, sui mammiferi? Ok, apriamo il libro, prendiamo il quaderno, scrivi il titolo “I mammiferi”, leggiamo qui, scrivi così e cosà…”

Tutoring: “che compiti hai? Il riassunto da pagina 4 a pagina 6 di scienze, sui mammiferi? Ok, cos’è un riassunto? Significa che ci sono 10 righe, però 4 sono importanti e 6 sono secondarie. Come faccio a distinguere le parti importanti da quelle meno importanti? Quelle importanti hanno le parole chiave. Cos’è una parola chiave? Come faccio a memorizzare 10 parole chiave? Le posso disegnare (memoria visiva), le posso ascoltare e immaginare, ecc.”.

Quindi si farebbe prima un training ad esempio sui tipi di memoria, sulla gerarchizzazione di un testo, poi si applicano queste cose ai compiti così li fa il bambino

E’ lui che guida, applicando lo strumento che gli dai. Non è la mano del tutor che prende quella del bambino e lo guida per “farlo sbrigare a fare il riassunto bello così mamma e maestra sono contente”.

Ovviamente ho stra-semplificato e stra-banalizzato. I training sono più pianificati, magari lo decidi a monte su quali funzioni lavorare, si programmano le sessioni in anticipo, poi si applicano eventualmente ai compiti per il giorno dopo.

Il macro-obiettivo è renderlo autonomo e flessibile nell’apprendimento.

E’ un obiettivo a lungo termine, mentre l’aiuto compito è proprio sul brevissimo termine ma più sul pratico che sul livello metacognitivo/psicologico.

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Sono Stella Di Giorgio, psicologa e tutor per studenti lavoratori di Psicologia e TFA. Scrivimi a tutor@110elode.net per aiuto tesi.