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I manuali diagnostici come il DSM-5-TR hanno un approccio categoriale alla diagnosi, perché attribuiscono importanza agli aspetti oggettivi, ma poi occorre integrarlo con un approccio dimensionale.


L’approccio dimensionale alla diagnosi e valutazione psicologica è di tipo qualitativo, basato sulle teorie psicologiche, che attribuiscono importanza agli aspetti soggettivi.

In realtà, lo stesso DSM-5-TR, pur essendo fondamentalmente categoriale, è meno rigido rispetto alle precedenti edizioni, più aperto a una valutazione dimensionale e compatibile con un percorso psicodiagnostico flessibile.

Ciò perché attualmente gli scienziati e i clinici, a prescindere dall’approccio specifico a cui aderiscono, adottano il “paradigma della complessità”, che abbandona i nessi esplicativi lineari e causali per assumere una visuale ampia e integrata, dove i confini tra le patologie non sono né troppo rigidi, né troppo porosi, in quanto entrambe queste condizioni sono estremizzazioni difficilmente riscontrabili nella realtà.

L’apertura dell’attuale psichiatria verso la valutazione dimensionale è rilevabile sin dal DSM-5 da alcuni cambiamenti rispetto alle precedenti edizioni, mantenuti nel DSM-5-TR.

Uno di questi è il concetto di “spettro”, che si applica, ad esempio, ai disturbi autistici e a quelli psicotici, ora racchiusi in un’unica categoria, data la diversa espressività con cui si presentano nei pazienti.

Il ritardo mentale è stato ridenominato “disabilità intellettiva”, conferendo centralità non al QI, che è un’indicazione numerica fredda dell’intelligenza, ma al funzionamento adattivo, che invece è un costrutto qualitativo che valuta le autonomie e le competenze della persona, importanti ai fini del suo sviluppo e della sua inclusione sociale, più dell’intelligenza intesa astrattamente e misurata quantitativamente.

Un altro indicatore dell’apertura alla valutazione dimensionale del DSM-5, mantenuto nel DSM-5-TR è l’abbandono della suddivisione in assi, che isolava artificialmente componenti che nell’esperienza sono compresenti e commisti.

Infine, nel DSM-5 vengono prese in considerazione le differenze di genere e cultura, che possono influenzare l’esordio e il decorso di un disturbo.


Tuttavia, per quanto queste novità possano ammorbidire la rigidità di un approccio sintomatologico e descrittivo, nel DSM-5 e nell’attuale DSM-5-TR, per loro natura, predominano la dimensione psichiatrica e categoriale.

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Sono Stella Di Giorgio, psicologa e tutor per studenti lavoratori di Psicologia e TFA. Scrivimi a tutor@110elode.net per aiuto tesi.