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Definizione di osservazione e riassunto del metodo osservativo


In ambito scientifico e psicologico, occorre effettuare una distinzione preliminare tra “vedere”, “guardare” e “osservare”.

Vedere è un’azione ingenua, spontanea, che consiste nell’assistere ad una scena, cogliendone gli aspetti soggettivamente più rilevanti o empiricamente più evidenti.

Guardare significa soffermarsi con lo sguardo, analizzando con cura la scena, ma senza rigore e categorie scientifiche.

Osservare, invece, è una procedura sistematica e controllata, che avviene in un contesto di ricerca o di clinica, controllato o manipolato dallo sperimentatore, che analizza la scena servendosi di strumenti validati come griglie o check-list.

L’osservazione come procedura scientifica è quindi pianificata e condotta da esperti, dopo un apposito training che consente di ridurre le possibili fonti di errore e rendere l’osservazione quanto più rigorosa possibile.

Si differenziano diversi tipi di osservazione:

  • naturalistica o etologica, se avviene in contesti di vita quotidiana come la scuola o la casa;
  • documentaria, quando non prevede alcun coinvolgimento dell’osservatore e intende esplorare un evento piuttosto che raccogliere materiale finalizzato ad un obiettivo prestabilito;
  • diretta o indiretta, in base alla presenza o meno dell’osservatore; partecipante, se l’osservatore si fa coinvolgere nelle attività degli osservati, oppure non partecipante, se invece preferisce evitare interferenze.

In ambito clinico, l’osservazione è uno strumento prezioso per raccogliere informazioni, effettuare valutazioni e monitorare gli interventi.

In particolare, si utilizza in ambito clinico evolutivo, poiché i bambini non sanno ancora verbalizzare le loro emozioni, dunque attraverso l’osservazione di riesce a comprendere il loro comportamento.

Una procedura osservativa molto utilizzata in ambito clinico evolutivo, è la Strange situation, che consente di analizzare la reazione dei bambini a separazione e ricongiungimento con la madre così da inquadrare il pattern di attaccamento.

E’ stata ideata da Mary Ainsworth. Si tratta di una osservazione strutturata, per bambini tra i dodici e i diciotto mesi, durante la quale il bambino vive una situazione di stress in quanto si trova in un ambiente non familiare, in presenza di un estraneo (appartenente all’équipe dei ricercatori) e vive due separazioni dal caregiver di tre minuti ciascuna, seguite dal ricongiungimento.

La sessione viene videoregistrata e classificata rispetto alle reazioni mostrate dal bambino alla separazione e al ricongiungimento con la madre.

Infatti, i fattori di stress ambientale e situazionale attivano i pattern di attaccamento, consentendo di valutare se il bambino tollera l’allontanamento della madre ed ha fiducia nel suo ritorno.

Attraverso questa procedura, Ainsworth e collaboratori hanno inizialmente classificato tre principali modelli di attaccamento: sicuro, insicuro-evitante, insicuro-ambivalente.

I bambini sicuri utilizzano la loro madre come base sicura, esplorando l’ambiente senza timore e accedendo alla madre per ricevere un rifornimento affettivo prima di tornare ad esplorare l’ambiente.

Durante la separazione, esprimono un disagio, ma tollerano l’assenza della madre, poi quando torna, la accolgono con sorrisi e vocalizzazioni.

Questo modello si struttura quando, nel primo anno di vita, il bambino ha sperimentato sicurezza, poiché la madre si è mostrata responsiva, intervenendo quando il bambino aveva bisogno.

I bambini con attaccamento insicuro-evitante non si relazionano frequentemente con la madre, non temono neppure l’estraneo, appaiono concentrati sull’ambiente e interessati ad esplorarlo autonomamente, senza rivolgersi alla madre in caso di disagio.

Anche se la madre si allontana, non esprimono disagio, e quando ritorna, la ignorano e si concentrano su altro.

Questo modello di attaccamento si costruisce quando il bambino ha sperimentato rifiuti rispetto alle sue richieste di aiuto, ha dovuto provvedere autonomamente a risolvere le sue difficoltà, senza contare su un sostegno esterno.

Egli, dunque, finisce per “disattivare” il sistema di attaccamento, iper-attivando quello di esplorazione.

I bambini con attaccamento insicuro-ambivalente non riescono ad esplorare tranquillamente l’ambiente e non riescono neppure ad usare la madre come base sicura: quando entrano nella stanza, appaiono turbati.

Durante la separazione dalla madre, sono angosciati e, quando la madre torna, non riescono lo stesso a tranquillizzarsi. Presentano comportamenti ambivalenti.

Essi cercano il contatto con la madre, ma poi lo rifiutano, scalciando; sono interessati ai giocattoli, ma poi li gettano via quando qualcuno glieli offre; stringono la madre, ma esprimono rabbia e agitazione.

Questo modello di attaccamento si definisce quando il bambino sperimenta una madre incoerente e imprevedibile, talvolta rifiutante rispetto ai bisogni, talvolta invadente.

Il bambino, quindi, non sapendo, di volta in volta, quale reazione avrà la madre, vigila costantemente su di lei, attivando eccessivamente il sistema di attaccamento rispetto a quello di esplorazione.

Un’altra procedura in ambito clinico evolutivo è lo Still Face, utilizzato per valutare l’interazione madre bambino e raccogliere informazioni su eventuali disfunzioni o sulla depressione materna.

Le interazioni madre-bambino sono state studiate anche sperimentalmente attraverso il paradigma del volto immobile (Still Face), elaborato da Cohn e Tronick (1983), che dimostrano come il  reagisca in modo attivo ad eventuali distorsioni comunicative.

Si tratta di una procedura basata su tecniche di osservazione microanalitica, che ha consentito di analizzare sequenze comunicative tra madre e bambino e consiste nell’esporre bambini di pochi mesi al volto immobile e inespressivo della madre, per qualche minuto.

Se il volto della madre non risponde alle stimolazioni del bambino, egli inizialmente intensifica i suoi sforzi, accentuando il sorriso, le vocalizzazioni, l’intensità dello sguardo.

Poi, se non ottiene risultati, ripiega su comportamenti di autoconsolazione, per gestire il suo disagio, ad esempio distogliendo lo sguardo e assumendo anche lui una mimica inespressiva, oppure ricorrendo alla stimolazione di parti del proprio corpo e alla manipolazione dei propri indument.

Queste sono forme precocissime di difesa che emergono nell’ambito di interazioni disfunzionali tra bambino e caregiver.

Un’altra procedura osservativa è l’Infant Observation, metodo di osservazione diretta della diade madre-bambino, utilizzato soprattutto in ambito psicoanalitico.

E’ stata ideata dalla Bick negli anni Quaranta, a Londra, dove la studiosa introdusse alla Tavistock Clinic un seminario biennale di osservazione della diade madre-bambino in famiglia come parte integrante della formazione degli psicoterapeuti infantili.

L’Infant observation  consiste nell’osservare non soltanto la diade madre-bambino, ma anche la relazione del bambino con il padre e le altre figure familiari nel suo ambiente, seguendolo nella crescita.

Infatti, le osservazioni vengono ripetute nei primi anni di vita, così da renderle uno studio longitudinale sull’evoluzione del bambino, individuando fattori di rischio e di protezione nel suo ambiente.

Inoltre è un’osservazione partecipante, poiché osservatore e osservato sono in relazione, e questo suscita emozioni nell’osservatore, che possono essere utili per comprendere le dinamiche profonde delle relazioni, ma rischiano anche di inquinare le osservazioni stesse, dunque richiedono una costante supervisione per gestire il controtransfert.


Leggi un chiarimento sull’osservazione partecipante

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Sono Stella Di Giorgio, psicologa e tutor per studenti lavoratori di Psicologia e TFA. Scrivimi a tutor@110elode.net per aiuto tesi.